Sintesi: L’amore non è un dovere giuridico ma esistenziale, una componente dello statuto ontologico della persona.
Abstract: Il contributo propone una lettura dell’universo interiore della famiglia, evidenziando la forza creatrice dell’amore tra le persone che la compongono.
“Ci sono emozioni forti ed emozioni deboli, virtù forti e virtù deboli, e sono fragili alcune delle emozioni più significative della vita. Sono fragili la tristezza e la timidezza, la speranza e l’inquietudine, la gioia e il dolore dell’anima. E in cosa consiste la loro fragilità?” (dalla copertina del libro “La fragilità che è in noi” dello psichiatra Eugenio Borgna). Famiglia: educare alle emozioni, educarsi nelle emozioni, per riconoscere le fragilità e riconoscersi nelle fragilità e fortificarsi insieme. “Famiglia”, “essere al servizio” della vita, dell’amore. La famiglia è il luogo in cui ci si prende cura delle fragilità (quel prendersi cura che è tradotto anche nel dovere di assistenza negli articoli 143, 147 e 315 bis cod. civ.) ma, al tempo stesso, può essere causa di fragilità. Per questo bisogna ri-conoscere il senso profondo dell’amore e non solo sentirlo ed esprimerlo a parole per esempio chiamando “amore” o “tesoro” indistintamente ogni membro della famiglia e non solo.
“Spesso si usa “passione” come sinonimo di “innamoramento”, anche se non lo esaurisce nel significato, ma lo comprende. La passione si esprime attraverso una tensione, che nasce quando ci si rende conto di essere “nelle mani” dell’altro, perché saranno appunto le sue mani, i suoi sguardi, a renderci oggetto di desiderio, a rivelarci la nostra carne” (la scrittrice Mariolina Venezia). Prima di mettere su famiglia si sia consapevoli dei propri sentimenti: l’educazione relazionale e sentimentale che si richiede per i piccoli comincia dall’essere e rivelarsi adulti nelle scelte fondamentali della vita.
Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni osserva: “Imparando noi genitori, e aiutando i nostri figli, a metterci in ascolto di ciò che proviamo dentro di noi per dargli un nome ed esprimerlo, anche quando si fa fatica. Dotandoci di strumenti per gestire i litigi e le incomprensioni che appartengono a tutte le famiglie. Evitando che le emozioni prendano il sopravvento in noi per primi e ci portino a dire o fare cose di cui poi pentirsi, ma che intanto sono avvenute, e non possono più essere ritirate. Neppure chiedendo scusa”. L’educazione sentimentale e sessuale non passa attraverso lezioni ma con l’esempio, non nella realtà virtuale ma in quella reale e quotidiana. Dove tutto corre e scorre, le persone hanno bisogno di trovare quel qualcuno che dica loro di fermarsi e di rimanere, nel suo abbraccio, nel suo cuore, nei suoi sogni: la coppia (“essere legati”), la famiglia (“essere al servizio”). Farsi cavità, farsi vuoto per gli altri, col cuore, con l’abbraccio, con l’ascolto: dovrebbe essere così in famiglia dal concepimento in poi. “[…] la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e quale ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Amare è dare di sé, capire è prendere in sé. Per questo può risultare difficile e pesante capire e capirsi: questa è l’educazione relazionale e sentimentale, ancor prima di quella sessuale, che bisogna costruire in famiglia. Tenendo conto che l’amore ricevuto, prima o poi, si restituisce in un circolo virtuoso di dare e ridare, di porgere e prendere. E ciò che si fa per la famiglia non può essere rinfacciato né rimborsato, perché ciò che si fa per amore è gratuito e moltiplicante.
“È proprio di chi è innamorato vedere le cose attorno a sé con occhi nuovi; esse rimangono le medesime di prima, ma è lo sguardo a essere differente, uno sguardo pacificante, agli antipodi dell’ansia e della paura” (lo studioso gesuita Giovanni Cucci). Dalla coppia alla famiglia: educazione allo sguardo, educazione dello sguardo.
“Il segno che non si ama più lo si ha quando i sacrifici cominciano a costare; il segno che si ama poco lo si ha quando ci si accorge di farne” (lo scrittore francese Pierre-Marc-Gaston de Lévis). Così nella coppia, così nella famiglia: l’amore non è un dovere giuridico ma esistenziale, una componente dello statuto ontologico della persona.
“Vivere è l’infinita pazienza di ricominciare” (padre Ermes Ronchi): così il vivere in famiglia. In particolare, i bambini sono una sfida agli adulti di un’infinita pazienza di ricominciare.
“L’empatia è la rara virtù che ci aiuta ad abbattere il muro. Per scoprire che ogni “altro” è proprio come noi” (lo scrittore Bruno Ferrero): empatia, soprattutto in famiglia, a cominciare dalla famiglia. La famiglia era scuola di empatia (quell’immedesimazione che è rappresentata dal concepimento all’allattamento, dalla mano che s’infila nell’incubatrice per stabilire un contatto con il bambino nato pretermine o in altre immagini o fasi della vita familiare), invece adesso vi pullula l’individualismo per cui è prioritario che stia bene il singolo. Si lascia il partner quando si sente di non amarlo più, si trascinano i bambini nelle pizzerie o in altri locali non tenendo conto delle loro esigenze alimentari e di sonno pur di non rinunciare alle serate con gli amici e così via.
“Sanno quale vestito mettere, come muoversi, come lavorare, come presentarsi agli altri; ma ignorano la propria vera identità, non hanno alcuna coscienza e consapevolezza di sé. E così trascorrono anche in maniera inconsapevole la loro vita nel mondo, senza realmente accorgersi di sé, degli altri, della natura. Vivono come capita” (Bruno Ferrero). È quello che, spesso, accade nelle famiglie: si vive sotto lo stesso tetto ma senza condividere nulla, senza conoscersi, senza avere un’identità propria e di famiglia.
“I bambini amati saranno adulti sicuri, gli adulti amati saranno migliori” (la scrittrice Daria
Colombo). Amare e amarsi: questo il senso della famiglia e dell’educazione come emerge dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dall’art. 29. L’amore deve essere tale e non idolatria o altra forma di amore patologico.
“Il bambino, con la sua innocenza, è il primo maestro di scuola nella propria casa” (papa Giovanni XXIII). “Maestro”, dal latino “magister”, che si può scomporre in “magis”, più e “ter”, tre. “Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto: ad essere contento senza motivo, ad essere sempre occupato con qualche cosa, e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera” (Paulo Coelho). In famiglia (da “famulus”, servitore) non si deve diventare supini servitori di qualcuno né tantomeno (e meno che mai) dei figli, ma mettersi gli uni al servizio degli altri imparando gli uni dagli altri. I bambini chiedono semplicemente di essere amati e non le cose che pretendono di ricevere perché abituati a riceverle. Un amore, però, che non sia fine a se stesso ma che crei un’atmosfera di felicità, amore e comprensione e favorisca il pieno ed armonioso sviluppo dei bambini (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Come si legge anche nella Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori (2018), in particolare nel punto n. 1.
“Bisogna dirsi tutto, perché ogni verità, pur terribile, spietata, inaccettabile, permette di chiudere gli occhi e dormire. Se si posa il capo sul cuscino con l’ingombro di una bugia, non si dorme più” (l’autore Antonio Petrocelli): l’essenza della comunicazione in famiglia, altrimenti non è più comunicazione né famiglia.
“La fiducia nel futuro si costruisce in silenzio. Le ore passano. [...] Al minimo istante di remissione, la speranza si farà avanti. E con lei, la rinascita. Silenzio. In questo sfacelo, ho ancora il coraggio di crederci. Lo scarto tra ciò che vivo al momento e la felicità che mi aspetto fa nascere in me la speranza” (il francese Philippe Pozzo di Borgo). Sia questa la fiducia e la speranza nella famiglia, come ogni nuova gravidanza, soprattutto nei momenti di crisi (ricordando che quest’ultima significa “separazione, giudizio”, quindi è un’opportunità di cambiamento).
“L’esperienza di essere amati, di essere generati all’esistenza da un altro, è l’esperienza umana che ci tiene in vita. Non abbiamo molte altre alternative: se non facciamo leva su questa esperienza, faremo leva sull’autosufficienza, sul difenderci, sul fare violenza sull’altro per proteggere il nostro posto. Vivremo della delusione, del veleno interiore di essere abbandonati, del risentimento, tutte esperienze contrarie alla fiducia. L’esperienza di essere amati porta in ogni esistenza fecondità, libertà, creatività straordinarie” (lo studioso gesuita José Frazão Correia). Amare e amarsi: questo il cuore della famiglia e dell’educazione, come emerge pure dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dall’art. 29.
La sociologa Chiara Giaccardi precisa: “È sostenibile un modo di abitare il mondo dove la crescita non sia solo tecnoeconomica ma integrale: dove le persone siano nutrite (e non di solo pane), dove ci si prenda cura delle fragilità. Serve educazione per questo tipo di crescita e per una sostenibilità che o è integrale o non è”. È quello che ha fatto in passato la famiglia e che può e deve riprendere a fare.
“Si potrebbe definire l’inizio e lo svolgersi della società moderna come l’avvento del tempo vuoto” (cit.): alla famiglia il compito di riempire il tempo vuoto odierno con l’amore sano e quotidiano.