Abstract: L’articolo mette in luce la necessità di padri che siano tali
“A partire dagli anni Ottanta-Novanta, una sorta di salto cosmico ha portato dal padre-padrone al papà peluche o mammo: una figura molle, un po’ inconsistente, il cui scopo è giocare con i figli, farli divertire mettendosi alla pari. Tra questi due opposti, non si sa francamente quale scegliere. Senz’altro il padre-padrone era una figura terribile, ma il padre amico non consente al maschio l’elaborazione di una virilità che sappia costruirsi sul coraggio, sulla capacità di rispettare se stessi rispettando gli altri, ossia su una forza che non diventa violenza e sopraffazione”. È quanto afferma e ripete il pedagogista Daniele Novara, in linea con altri esperti. A causa purtroppo di una certa cultura o sub-cultura, la figura paterna è stata ed è quella più avversata ed etichettata. Occorre invece una nuova cultura del padre: educare il padre, educare al padre, educarsi al padre.
Daniele Novara aggiunge: “Aspetto che nasca una nuova figura paterna che aiuti i figli e le figlie in un’operazione fondamentale per la vita: saper gestire i conflitti, saper litigare bene. Per guidarli a capire le ragioni altrui, a vivere con empatia le contrarietà, sapendo cogliere nella differenza e nel punto di vista diverso una nuova occasione. Ovviamente abbiamo anche bisogno di madri che educhino senza soffocare, considerando le autonomie dei bambini, accettando la loro crescita senza atteggiamenti iperprotettivi e morbosità. Insomma, ci vogliono padri e madri che sappiano restituire ai figli il gusto del buon litigio, quella capacità che preserva dalla violenza”. Urgono le differenze di stili genitoriali, di codici genitoriali per educare alle differenze. I genitori hanno la responsabilità dello sviluppo (che è il contrario di inviluppo) dei figli (art. 27 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Sono in aumento aggressività e violenza a tutte le età e Novara spiega: “Si tratta principalmente di un problema educativo, anche se non solo. Tanta parte sta lì, nei meandri della formazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze. Ed è anzitutto un problema di padre”. Indipendentemente dalla configurazione familiare (da quella ricomposta a quella omogenitoriale) nell’educazione occorre usare codici differenti (non di-versi) per educare alle e le differenze, come si legge pure tra le righe dell’art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Per questo è fondamentale e improcrastinabile educare il padre e educare al padre.
Alla voce di Daniele Novara si aggiunge quella dello psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli: “La cultura educativa che non comprende più il modo di amare maschile cresce figli più deboli, più difficili da gestire in famiglia e nelle istituzioni ma soprattutto incapaci di reggere la vita con le sue inevitabili difficoltà” (in “Cuore di papà. Il modo maschile di educare”). Oscurare la figura paterna e la differenza paterna è sottrarre una parte della vita ai figli venendo meno ai compiti educativi e alle responsabilità che si ha nei loro confronti. Indicativo l’art. 29 della Convenzione Internazionale
sui Diritti dell’Infanzia, in particolare la lettera d: “[…] preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione […]”.
La psicologa Antonella Roppo afferma: “Un padre assente, che non funge da base sicura, o peggio che mette in discussione ogni attività del bambino, genera in lui ansia e insicurezza. Questi tratti emergono molto spesso e permangono in modo disfunzionale anche da adulti. Dietro quelli che chiamiamo sintomi (ansie, attacchi di panico, depressioni, sentore di non farcela), spesso si nasconde un vissuto infantile dove la mancanza costante di una figura genitoriale fondamentale, come quella del padre, ha determinato una carenza importante per la vita dell’adulto, facendo emergere problematiche caratteriali e difficoltà. Anche sul versante dell’autostima vi sono delle conseguenze, proprio perché la personalità di un bambino non è ancora pienamente sviluppata. Infatti, una personalità in costante crescita, che si senta poco accettata da una figura centrale e determinante come quella del padre, potrà avere delle conseguenze importanti sul piano dell’evoluzione caratteriale”. Un padre, anche se fisicamente presente, può essere assente con le sue manchevolezze, con la sua mancata assistenza, con la sua incompetenza genitoriale, con la sua emulazione della figura materna. A parte situazioni particolari come famiglie monogenitoriali, omogenitoriali o altro, i bambini hanno diritto a un padre e a una madre; il padre deve dedicarsi alla paternità e gli si deve chiedere e consentire che faccia il padre.
Secondo lo psichiatra Alessandro Meluzzi: “Non si dovrebbe cessare di essere genitore neppure quando il rapporto di coppia si è esaurito. Ma questo non solo per il bene dei figli ma per il bene di tutti. Invece purtroppo accade che il padre separato diventi per varie ragioni l’oggetto negativo da espellere ad ogni costo dalla scena, e questo anche al costo della sua stessa vita. Tutto ciò ovviamente giunge a condizioni estreme solo in qualche raro caso, per fortuna, ma il travaglio e la sofferenza è ahimè di moltissimi. Sta a tutti noi, ma soprattutto a chi fa le leggi e le regole, farsene carico”. “Gli Stati parti debbano rispettare il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò sia contrario all’interesse superiore del fanciullo” (art. 9 par. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Senza ragione, nessuno deve allontanare o separare un bambino da uno dei genitori, meno che mai l’altro genitore perché procurerebbe al bambino un’orfanità più lacerante di quella causata dalla morte di un genitore.
Alessandro Meluzzi soggiunge: “Non avere la possibilità di incontrare come si vorrebbe i propri figli è tra tutte le pene che un uomo può sopportare sicuramente fra le più crudeli. Oggi all’interno di una legislazione che privilegia sempre comunque innanzitutto le ragioni della donna, i padri possono trovarsi, al momento della separazione, davvero tragicamente spiazzati. Non è un caso che la Caritas di Trento abbia istituito per i padri neo-separati comunità di accoglienza simili a quelle che si riservano per gli immigrati o per i disabili. E la miseria non è soltanto economica. È legata
alla disperazione di essere la parte più vulnerabile e soprattutto non tutelata”. In passato parecchie donne facevano battaglie per il riconoscimento della paternità a tutela dei figli, oggi talvolta portano avanti battaglie contro i padri dei figli a danno di questi ultimi (tanto che da più parti si accampa la PAS, sindrome d’alienazione genitoriale). Su questo devono riflettere non solo le donne responsabili di simili atti, ma anche gli operatori coinvolti (dal legislatore all’assistente sociale), le famiglie d’origine e tutti coloro che hanno a cuore la solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione.
“È il tuo ex-padre: loro sono i peggiori!” (da un film tv, a proposito di un padre tornato dopo 5 anni dall’abbandono). Ogni assenza è un abbandono della persona, un abbandono della vita, un aborto, un’agenesia. I genitori, in particolare i padri, hanno grosse responsabilità perché, quello che non viene dato ai figli nel momento giusto, si manifesta poi in modo amplificato e incontrollabile.
Un esempio fra tantissimi, Adolf Hitler: bambino maltrattato dal padre alcolizzato e violento, che aveva sposato la madre dopo essere rimasto vedovo due volte e che subiva pure lo stigma, si dice, di figlio “illegittimo” (e altro ancora). Questo deve far riflettere sull’importanza del tessuto familiare, sulle tristi conseguenze di tutti gli errori che gli adulti possono compiere nei confronti dei bambini e, al tempo stesso, limitare le giustificazioni dei misfatti di coloro che hanno subito maltrattamenti perché si disconoscerebbero le illimitate risorse umane di resilienza, di rinnovamento, di rinascita.
Madri, padri, ladri: perché capita che madri e padri siano ladri di amore o di vita in base al loro di amare o non amare (dalla sindrome di Medea alla patologia delle cure) e in base alle loro scelte.
“I padri sono una parodia” (cit.). Come lo spermatozoo trova la strada per concepire la nuova vita così i padri ri-trovino la strada per rivelare la “parresìa” (il diritto-dovere di dire la verità) della vita e non essere più il duplicato delle madri o l’amico giocherellone dei figli o non esserci proprio.
Da gennaio 2023 in Italia ha preso avvio un progetto europeo sulla paternità. “4-E Parent è un progetto europeo che intende promuovere l’impegno dei padri da subito nella cura di figlie e figli secondo un’idea di mascolinità accudente. Ha una declinazione nazionale per meglio contribuire a modificare atteggiamenti, abitudini, stereotipi e organizzazione sociale, prevenire la violenza di genere e accrescere il benessere di tutta la famiglia” (cit.). Che un padre impari a esercitare, sperimentare, vivere una “mascolinità accudente” è importante per se stessi, per la famiglia, per la comunità, quell’accudire espressamente richiamato per entrambi i genitori nell’art. 7 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
Lo psichiatra infantile Maurizio Andolfi asserisce: “Spesso i padri vengono fuori da ferite, spesso da una loro infanzia senza paternità” (in un webinar del 19-03-2021). Il ruolo paterno è stato sempre difficile e oggi è reso ancora difficile da banali generalizzazioni e accuse sociali. Come non esiste il figlio ideale ma quel figlio reale così non esiste il padre ideale ma quel padre reale di, con e per quel figlio. Non si può essere figli se non si conosce e ri-conosce il padre. Le due dimensioni sono
intimamente e inevitabilmente legate. Il verbo “perdonare” contiene “padre” perché un padre dovrebbe educare a perdonare e in ogni padre c’è qualcosa (o tanto) da perdonare.
“Prima si diceva che il padre è utile e la madre è necessaria, invece anche il padre è utile e necessario” (cit.). Bisogna far “conoscere” e/o “riconoscere” il “padre” (come “altro”), anche in caso di donazione del seme. Figli e padri: chi soffre per essere riconosciuto da un padre che non conosce, chi soffre per essere conosciuto da un padre che pur conosce.
Papa Francesco nella lettera apostolica “Patris Corde”: “Padri non si nasce, lo si diventa, non solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui”. Padre non (solo) chi è chiamato tale ma chi è amato e ha amato come padre.
Padre: fare un passo avanti rispetto al figlio che, comunque, fa il suo percorso autonomamente fino a lasciarsi dietro il padre, come esempio e ricordo.
Paternità: dare le gambe al figlio affinché faccia il suo cammino e percorra la sua vita, comunque sua, com’è sin dallo spermatozoo che si fa strada per andare a concepire l’ovulo fertile e pronto per la nuova vita.