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“Ma-estro” oggi

Lucio Lombardo Radice, tra l’altro pedagogista del ‘900 (1916-1982), definiva i maestri del 2° dopoguerra, tra cui Mario Lodi e il maestro televisivo Alberto Manzi, “maestri missionari, operai della scuola ed anche rivoluzionari”. Il XXI secolo ha ancora più bisogno di “maestri missionari, operai della scuola ed anche rivoluzionari”: da annoverare i “maestri di strada” e tutti quei maestri che continuano a operare con passione e senso del dovere aiutando i discenti lungo la strada della vita.

 

Il maestro contemporaneo Davide Tamagnini afferma: “Mettere al centro bambine e bambini significa considerarli soggetti autorevoli, capaci di dialogo, portatori di contenuti, persone da cui imparare e a cui insegnare, persone con cui è bello crescere […] È chiaramente possibile portare a scuola mille proposte, ma possiamo far parlare la vita stessa che la scuola ci fa condividere e imparare a leggere il nostro fare con lo sguardo di chi si educa insieme a diventare cittadini. Questa è la direzione verso cui dobbiamo tendere ciò che viene vissuto tra i banchi di scuola può cambiare la società. Per questo è necessaria una scuola che sappia valorizzare l’umano e permettergli di crescere in armonia con l’ambiente, che metta al centro il bambino, che lo consideri protagonista”. Nel secolo scorso ci sono stati insigni maestri o educatori (e non teorici o pedagogisti) che hanno messo veramente al centro bambini e ragazzi e hanno concretizzato i principi costituzionali della scuola pur in tempi e condizioni difficili, senza progetti o riforme o materiale adeguato, da don Lorenzo Milani a Danilo Dolci.

 

Tra gli altri grandi maestri è sempre attuale Gianni Rodari, nato da famiglia povera, autodidatta, “maestro di resilienza” diventando pietra miliare della e nella cultura italiana, dalla pedagogia alla letteratura per l’infanzia. Il suo metodo: attingere dalla gioia e dalle risorse dei bambini stessi e basarsi sul giocare e sul ridere. Tra le sue espressioni e opere geniali: “grammatica della fantasia”, “errore creativo”, “fiabe a rovescio”, “giocattoli poetici”. La sua poesia “La parola piangere” è una bella pagina di educazione emotiva (non solamente a scuola), soprattutto per il ruolo della “vecchia maestra”, il “Museo delle lacrime” e il verbo “narrare”, dimensione da recuperare e fondamentale nelle relazioni e nelle emozioni.

 

Altri maestri da ricordare lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia, maestro di scuola elementare (1921-1989) e lo scrittore lucano Leonardo Sinisgalli, ingegnere (1908-1981), che sostenne l’esperienza dei cosiddetti “bambini incisori” del maestro Gianni Faè: Sciascia e Sinisgalli, due meridionali che si sono “fatti da soli”, hanno superato le ristrettezze dei posti in cui sono nati, hanno superato le difficoltà dei loro tempi, hanno studiato e sudato, hanno coltivato i loro talenti e interessi, sono stati eclettici andando oltre il loro titolo di studio e la professione esercitata. Esemplari per quello che hanno fatto e come lo hanno fatto, la loro resilienza dimostra che la vita è più di un’esistenza: sono da conoscere e far conoscere in ogni tempo e alle generazioni di ogni tempo. Come recita l’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.

 

“Nei primi anni dopo la sua ratifica in Italia, avvenuta nel 1991, in alcune città il 20 del mese di novembre si distribuirono agli studenti copie della Convenzione; ma certamente ciò non può essere considerato un «far largamente conoscere». Di fatto, dopo ripetute verifiche, si nota come i diritti salvaguardati da tale Convenzione rimangano ancora sconosciuti ai politici, agli amministratori, agli educatori e ai genitori. Probabilmente molti sanno degli impegni assunti rispetto alla fame, alle malattie, all’ignoranza e allo sfruttamento, ma quasi nessuno sospetta che si parli di cittadinanza, di diritto alla parola, alla libera espressione e associazione nei riguardi dei bambini” (lo storico gesuita Giancarlo Pani in “I diritti dell’infanzia”, 2019). La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia non riguarda solo i rapporti internazionali o le grandi violazioni ma definisce i diritti nella quotidianità dell’infanzia, in famiglia e a scuola. Da un’interpretazione sistematica si ricava il diritto del bambino al tempo, al suo tempo, al tempo libero, all’ozio. Tutto quello che è confluito nel “decalogo dei diritti naturali” stilato dal compianto maestro Gianfranco Zavalloni.

 

Il bioeticista Paolo Marino Cattorini sostiene: “Tutti abbiamo da apprendere qualcosa dai bambini, che sono maestri di speranza, se il loro immaginario non viene soffocato dalle ansie degli adulti, dell’opportunismo, dalla pigrizia di chi rimanda le decisioni e si fa mantenere come un parassita”. “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita” (art. 6 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). I bambini sono tedofori di speranza e vita e nascono con questi diritti. Coloro che hanno autorità la devono esercitare nel senso letterale della parola: “autorità” deriva dal verbo latino “augere”, far crescere, aumentare.

 

I bambini sono “maestri” di vita nel senso etimologico, perché “maestro” deriva dal latino “magis” che significa “più”. Per esempio i bambini passano dal contendersi qualcosa al difendersi l’un l’altro: si impara a vivere ogni giorno e i bambini hanno da insegnare tanto in tal senso.

 

Lo scrittore Alessandro D’Avenia sottolinea: “La scuola che moltissimi colleghi già fanno: quella in cui la relazione è non solo centrale ma viene al primo posto. Chiunque di noi ricorda un professore, anche solo uno, che lo ha segnato. E in genere è quello che lo ha sfidato e al contempo gli ha voluto bene. Lì c’è la vera scuola, e continuerà a esserci: dove c’è questa relazione generativa. E questo prescinde da muri, innovazioni, età dei professori e tanti altri aspetti contingenti. La scuola c’è dove si difende e si fa crescere ciò che è umano nell’uomo. Per primi sono chiamati a farlo i maestri con se stessi. Tutto il resto viene a cascata…”. “I bambini hanno diritto a frequentare musei, teatri, biblioteche, cinema e altri luoghi di cultura, insieme ai propri compagni di scuola; a vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le loro percezioni” (artt. 11 e 12 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura, Bologna 2011). E il maestro, oggi più che mai, è colui che accompagna, media, sostiene e valorizza.

 

Secondo il maestro e scrittore Albino Bernardini “esistono maestri d’occasione e i maestri”. Non ci si può improvvisare maestri (che è cosa differente dall’essere o fare gli insegnanti): è una scelta di vita, uno stile di vita, una visione di vita.

Tutti gli insegnanti dovrebbero porsi come “maestri di strada” (come Cesare Moreno), cioè avvicinarsi ai bambini e ai ragazzi nelle loro situazioni di vita per condurli al bello e nuovo della cultura.

 

La psicologa Daniela Lucangeli spiega: “Negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo filone di ricerca scientifica, a cui è stato dato il nome di warm cognition, letteralmente «cognizione calda». Abbiamo imparato che le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni e queste ultime, a loro volta, influiscono concretamente sui processi cognitivi, come attenzione, memoria, comprensione. Se un bambino impara con gioia, nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva che gli dirà: “Ti fa bene, continua a cercare”. Se un bambino impara con gioia, impara di più e meglio. Il bravo maestro, ergo, è colui che aiuta, che dà fiducia e coraggio, non che ingozza e giudica, somministra e verifica”. Per emozionare un insegnante deve continuare a provare, nonostante tutto e tutti, emozione in e per quello che fa, anche quando sono emozioni negative. Con le emozioni il bambino è sollecitato “in tutto l’arco delle sue potenzialità” (dall’art. 29 lettera a Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

 

Anagrammando la parola “maestro” si ricavano tante altre parole significative: mastro, estro, mostra, arte, arto, roseo, astro,… Perché ai maestri si richiede che abbiano e siano questo e altro, quali “cattedrali di senso nel deserto di significati” (cit.).