Abstract: L’articolo esamina le potenzialità dell’educazione all’arte e alla cultura, anche per migliorare i rapporti tra genitori e figli e per costruire un futuro migliore
Tra i vari esperti lo psichiatra Paolo Crepet mette in guardia da uno dei crescenti pericoli di oggi: “L’utilizzo prolungato dei social media e dei device tecnologici, aumentato negli anni di pandemia, atrofizza il cervello e influisce drasticamente sulla forma mentis dei giovani, il cui apparato cognitivo è continuamente interrotto in un incessante «zapping mentale». Ne consegue un calo delle capacità di attenzione, di lettura, di apprendimento e di memoria: sicuramente un allarme preoccupante da non sottovalutare. I ragazzi non sono più abituati a ragionare con la propria testa, in piena libertà, ma sono condizionati nelle loro scelte dalle opinioni degli influencer”. I genitori dovrebbero avviare (che non significa iscriverli e accompagnarli ai numerosi corsi pomeridiani) e condividere con i figli esperienze di arte, cultura e natura, come previsto anche nella Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura (Bologna, 2011).
Già Giovanni Cavina (1924-2009), “educatore visionario” e ideatore e direttore di una residenza universitaria organizzata come un sorta di “tempio della cultura”, a proposito di scienza e dell’incredibile progresso scientifico, nel 1981 parlava di “amico computer” e affermava: “Se i fruitori delle conoscenze computerizzate saranno più seri, più corretti, più colti, tutto andrà per il meglio; altrimenti, correremo il rischio di essere totalmente manipolati da perdere, con le capacità di immaginazione, di inventiva e di fantasia, la libertà e quindi la felicità” (nella rivista “Panorama per i giovani”). Bambini e ragazzi devono essere educati a usare mezzi tecnologici e device di ogni genere, come mezzi e non come obiettivi della loro vita quotidiana, “senza essere trattati da consumatori ma da soggetti competenti e sensibili” (mutuando la terminologia dell’art. 6 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura) e preservando tutti i loro diritti.
Alla fine del XIX secolo Lev Tolstoj, scrittore e anche educatore russo, scriveva: “[...] i ragazzi non si lasciano ingannare... Noi cerchiamo di dimostrare che siamo intelligenti, ma essi non se ne interessano affatto, e vogliono sapere se siamo onesti, se siamo sinceri, se siamo buoni, se siamo compassionevoli, se abbiamo una coscienza [...]. Un buon insegnante deve avere una buona vita ed una sola è la caratteristica generale e principale di una buona vita: l’aspirazione al perfezionamento nell’amore”. “I bambini hanno diritto […] a essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (art. 3 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). I genitori non si devono preoccupare solo dell’alimentazione necessaria al corpo dei figli, ma anche del nutrimento della loro interiorità recuperando il vero senso dell’essere genitori: “padre”, colui che sostiene, “madre”, colei che produce. La vita stessa è un processo artistico che richiede intelligenza emotiva: quello di cui dovrebbero occuparsi e preoccuparsi i genitori, ma non sempre è così perché loro stessi non la vivono così o non la rendono così.
L’esistenza dei bambini, lo stare con loro è una delle conferme che il tempo è impalpabile e gli si dà senso e consistenza con relazioni e emozioni, col dare, dire e condire la vita in ogni luogo e uopo. Anche per questo è opportuno che i bambini possano “condividere con la famiglia il piacere di un’esperienza artistica” (art. 9 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
A tale proposito lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni precisa: “Come educatori, spesso ci si lamenta che le famiglie sono disunite e poco accoglienti, ma non si lavora abbastanza per formare gruppi in cui i ragazzi si sentano bene e possano costruire la propria identità nelle acque tranquille della squadra. Non tutti sono amici, nel gruppo, e le differenze individuali talvolta pesano nel creare tensioni e malesseri. Occorre che il gruppo si doti di strumenti di manutenzione. Questo è il compito degli educatori: custodire l’idea che si sta percorrendo insieme un cammino comune, dove si sta facendo qualcosa che vale. Tenere vivo l’orgoglio di appartenere a un gruppo speciale. Dare una mano a mediare, delegando loro le responsabilità e dando fiducia ai ragazzi anche quando sbagliano”. “I bambini hanno diritto a vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le loro percezioni” (art. 12 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
“L’arte è unica, insostituibile e universale, perché da sempre, attraverso di essa, l’uomo racconta quello che le parole non sanno e non possono esprimere. Così, rivolgendosi all’arte, egli assegna una forma alle emozioni, ai sentimenti e agli stati d’animo più profondi e inconfessabili che accomunano l’intero genere umano, confidando nella capacità dei suoi simili di comprenderlo fino in fondo” (cit.). L’arte è libertà, linguaggio, comunicazione, emozione, movimento e altro ancora, per cui favorisce lo sviluppo olistico del bambino (art. 27 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Il bambino ha “bisogno” di arte e “diritto” all’arte, di cui ci sono espliciti riferimenti negli artt. 13 e 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
A ciò si aggiunge la valenza terapeutica dell’arte: “L’Arteterapia è uno strumento terapeutico che utilizza i materiali artistici per favorire l’esplorazione, l’espressione e l’integrazione dei vissuti corporei, psicologici ed emotivi. Gli elaborati creativi che vengono prodotti non hanno finalità tecniche/estetiche. Sono, bensì, utilizzati come strumento di ascolto, di comunicazione e di espressione del sé, grazie al contatto profondo con alcune sue parti che spesso rimangono inespresse” (cit.). L’arte, prima ancora di essere una forma di terapia, è la principale forma di espressione dei bambini e la scuola dell’infanzia dovrebbe essere la fucina di ogni arte. I bambini sono “artisti” ma gli adulti spesso li reprimono e li rendono stereotipati, conformisti o omologati, come quando nella scuola dell’infanzia si propongono pedissequamente schede fotocopiate, modelli da seguire o altro. Tra i tanti suggerimenti, per esempio, la pedagogista Serena Gaiani propone di incoraggiare bambine e bambini a liberare la propria creatività offrendo esperienze di esplorazione del colore blu, come il pittore Yves Klein. “Disegnare fa bene al cervello” (lo scrittore Luca Novelli).
Anche la musica è fondamentale per i bambini: li abitua all’ascolto, all’espressione, al muoversi, produce effetti benefici sulla loro salute psicofisica, favorisce l’esercizio dei loro diritti. Si potrebbe parlare di diritto dei bambini alla musica nell’ambito dei loro diritti all’arte e alla cultura. Gli esperti di musica Emiliano Toso e Tea Baldini spiegano: “Quando nasce una Vita, riusciamo a sentire una nuova musica che arriva sul pianeta Terra. Le cellule si incontrano e creano un piccolo miracolo nel grembo di una mamma che da quel momento si mette in ascolto e cerca una danza per entrare in connessione con la sua piccola creatura. La gravidanza è un periodo unico e delicato nella vita di una donna, caratterizzato da notevoli cambiamenti fisici ed emotivi. La musica può essere d’aiuto poiché fornisce un ambiente tranquillo e rilassante, aiutando a ridurre lo stress e l’ansia che possono essere associati a questo momento. Numerosi studi dimostrano che la musica può avere un effetto positivo anche sullo sviluppo fetale. Il battito cardiaco e i ritmi respiratori del feto possono sincronizzarsi con la musica, un processo che può favorire il loro sviluppo. Alcuni studi suggeriscono anche che l’esposizione alla musica prima della nascita può migliorare le capacità di apprendimento e di memoria del bambino. Inoltre, la musica in gravidanza offre un’opportunità unica per rafforzare il legame tra madre e figlio. Quindi, può essere visto non solo come un beneficio per lo sviluppo del bambino, ma anche come uno strumento per migliorare la salute emotiva e mentale della madre”.
Alla musica segue la danza. “La danza è una delle rare attività umane in cui l’uomo si trova totalmente impegnato: corpo, cuore e spirito. Per il bambino danzare è importante quanto parlare, contare o imparare la geografia. È essenziale per il bambino, nato danzante, non dissipare questo linguaggio sotto l’influsso di un’educazione repressiva e frustante” (il coreografo francese Maurice Béjart). La danza (etimologicamente da “tirare, stendere”) è ancestrale e universale, esiste dagli albori dell’umanità e dal grembo materno. “I bambini hanno diritto ad avvicinarsi all’arte, in tutte le sue forme: teatro, musica, danza, letteratura, poesia, cinema, arti visuali e multimediali” (art. 1 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). Bisogna recuperare la “biodanza” insita nella vita e nell’infanzia.
Altrettanto importanti sono le fiabe (ricordando che esiste pure la fiaba terapia). Quando un bambino chiede “Mi racconti una storia?” è una richiesta di attenzione, di tempo, di sosta, di sguardi, di emozioni condivise, di espressioni... Raccontare una storia è srotolare quel filo indefinito che annoda e avvolge tutti sin dalla primordiale esigenza di raccontare e raccontarsi nei graffiti degli uomini primitivi. Italo Calvino: “Io credo questo: le fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano” (in “Fiabe italiane”, 1956). Da considerare anche quello che ha scritto Gianni Rodari nella “Grammatica della fantasia”, una specie di statuto in cui sono stati fissati i primi diritti dei bambini, in cui è stato il primo a parlare di “giocare con le parole” e di “matematica delle storie”. “I bambini hanno diritto a essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (art. 3 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura). È quello che cerca di perseguire e far conseguire il “Premio Fabula”, un’iniziativa culturale nata nel 2010 nel comune di Bellizzi, in provincia di Salerno (da un’idea del campano Andrea Volpe, conduttore e autore radiotelevisivo) con il fine di stimolare la creatività dei ragazzi attraverso la scrittura (rammentando che è stata la più grande scoperta e conquista nell’evoluzione umana). L’obiettivo principale è dare ai ragazzi l’opportunità di riappropriarsi del momento creativo e di farlo lontano dalla tecnologia, facendo leva sulla loro naturale creatività e sulla valorizzazione dei contesti d’appartenenza da un punto di vista sia geografico sia sociale coinvolgendo le eccellenze e le professioni del territorio (mettendo in atto così l’art. 9 della Costituzione) fornendo ai giovani esempi sani e punti di riferimento. “I bambini hanno diritto ad avere un rapporto con l’arte e la cultura senza essere trattati da consumatori ma da soggetti competenti e sensibili” (art. 6 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
Un’altra iniziativa degna di nota è la “psicantria, ovvero “psicopatologia cantata”, una locuzione e un progetto nati, anche nel 2010, dalla collaborazione tra Gaspare Palmieri (in arte Gappa), psichiatra e cantautore e Cristian Grassilli, psicoterapeuta e cantautore, con la finalità di far conoscere i disturbi psichici e lo “psicomondo” in forma ironica attraverso la canzone. “Attualmente, il 15-20% della popolazione tra 0 e 18 anni manifesta un qualche tipo di difficoltà di carattere e di questi solo il 10-15% viene preso in cura da servizi, pubblici o privati, mentre il restante rimane impigliato in vario modo nella condizione psicopatologica. Tutto ciò rende evidente quanto sia importante dar voce all’infanzia e alla sofferenza infantile. L’obiettivo della psicantria è mettere al centro dell’attenzione – non solo degli specialisti, ma anche del lettore/ascoltatore comune – il tema dell’infanzia e delle possibili forme di sofferenze infantile, con la loro ricca, variegata e talora sorprendente espressività sintomatologica” (G. Palmieri e C. Grassilli in “La neuropsicantria infantile. Manuale cantato di psicopatologia dell’età evolutiva”, 2017). Tutti i bambini hanno un loro “psicomondo” e hanno bisogno di strumenti per scoprirsi ed essere scoperti tenendo conto che molti disturbi (e pregiudizi) nascono da emozioni inespresse o represse. “I bambini hanno diritto a sperimentare i linguaggi artistici in quanto anch’essi saperi fondamentali” (art. 2 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura).
Bisogna richiamare quello che scrive Alberto Pellai al n. 7 del suo Decalogo per proteggere i bambini (2018): “Diritto ad essere educati alla bellezza. Bellezza delle parole, bellezza delle immagini, bellezza delle relazioni, bellezza della natura. Città grigie e inquinate, canzoni e film pieni di situazioni e parole ostili e volgari; musei, cinema e teatri con costi elevatissimi per genitori che ci vogliono accompagnare i figli: come possono i bambini imparare ad amare il bello quando non è loro reso accessibile e disponibile?”.
I bambini: i colori dei loro sorrisi, delle loro guanciotte, delle loro emozioni, della loro presenza, della loro esistenza, i colori della tavolozza della vita.