Abstract: L’articolo invita il lettore a interrogarsi sul senso e sul come si è genitori, anche attraverso essenziali indicazioni di carattere psicopedagogico
“Vicino a noi c’è sempre qualche mamma che ha bisogno di essere ascoltata e incoraggiata. Se facciamo bene la nostra parte quella mamma, quel papà diventeranno capaci di generare altro bene: una circolarità di cui il mondo ha tanto bisogno” (cit.). Il sostegno alla genitorialità non è fatto solo di sussidi o aiuti materiali ma di assunzione (ovvero adozione, come se si fosse tutti genitori adottivi) di responsabilità da parte di ciascuno, esercizio di adultità, adempimento di quella solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione. Tra le relazioni di aiuto esistenti oggi c’è quella della consulenza genitoriale per aiutare i genitori. Alla luce dell’aumento di genitori considerati o che si rivelano emotivamente immaturi, incompetenti, inadeguati o altro, sarebbe il caso di farsi comunità (comunità richiamata nell’art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) intorno ai genitori per aiutarli nel loro farsi genitori di giorno in giorno. Nell’art. 18 par. 2 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si parla di “fornire un’assistenza adeguata ai genitori o ai tutori legali nell’adempimento delle loro responsabilità.
La genitorialità è come la cittadinanza: non è sufficiente l’iscrizione anagrafica del figlio ma è necessario esercitare diritti e adempiere doveri nei confronti di quel figlio. I genitori sono “cittadini qualificati” che formano nuovi cittadini. Il legislatore del 2013 col d. lgs. 154 “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”, nel novellare gli artt. 315 e ss. del codice civile, ha sostituito la dicitura “potestà dei genitori” con l’attuale “responsabilità genitoriale” (in linea con la Convenzione e le legislazioni di altri Paesi), anche per richiamare questa funzione sociale dei genitori. Si noti, tra l’altro, la differenza tra la specificazione “dei genitori” e l’aggettivo “genitoriale”, che attiene alla sfera, alla relazione e non ai singoli.
Il pedagogista Daniele Novara spiega: “L’impegno per educare un figlio adottivo è lo stesso necessario per un figlio biologico. Anzi, spesso la consapevolezza pedagogica dei genitori adottivi è maggiore”. La genitorialità non è un’attitudine o istintività che qualcuno sente o pensa di avere ma un’idoneità che si deve manifestare e rivolgere verso il figlio, come si ricava in particolare dall’art. 6 comma 2 della L. 184/1983 novellata dalla L. 149/2001 già dalla rubrica (su cui riflettere) che è diventata “Diritto del minore ad una famiglia”: “I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare”. Tutta la disposizione normativa si può riferire ai genitori in generale, in particolare il verbo “intendere” (dal latino “in”, verso, e “tendere”, tendere, volgere, da cui deriva il sostantivo “intenzione” che richiama “attenzione”, che si richiede ai genitori), che sottolinea che i figli non devono essere la realizzazione né di un desiderio né di un diritto. La genitorialità non è un automatismo e c’è differenza tra concepire, generare, (saper) gestire i figli e tutto il resto che comporta. L’amore genitoriale, che dovrebbe essere la forma più gratuita dell’amore, non significa né avere né possedere i figli ma dare vita alla vita e tutto questo è ancora più evidente nell’adozione.
Tautogramma con la T sulla genitorialità: tenacia, talenti dei figli da far esprimere e valorizzare; tolleranza; temperamento (da bilanciare con il temperamento dell’altro e quello dei figli); tempo (da darsi e da dare); tracce (da lasciare come esempio e da delineare come indicazioni di vita); tenerezza; tenere (e non trattenere); tendere (le mani, lo sguardo, le orecchie che equivale ad avere attenzione). “Istruzioni” di genitorialità che si possono evincere anche dall’articolato della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia.
“[…] il primo definibile come ‘valore emotivo del figlio’ che sottolinea come avere un figlio sia un’esperienza emotiva gratificante, piacevole in sé e per i suoi benefici psicologici ed esistenziali; il secondo fattore, ‘valore strumentale del figlio’, sottolinea come il figlio possa rappresentare un valore per i genitori, ad esempio incrementando la loro reputazione sociale, o garantendo nel futuro un supporto emotivo ed economico nei momenti del bisogno” (gli esperti di psicologia sociale Camillo Regalia e Elena Marta, nel Rapporto Cisf 2020). Ogni figlio è un valore perché lo è la vita. Basti pensare agli sforzi costanti e crescenti dei genitori (e anche dei nonni) con figli con disabilità e al loro non riuscire a “concepire” più la loro vita senza quei figli. Perché sono i figli col loro venir al mondo che fanno, formano e fortificano i genitori, la genitorialità. “Genitore” fa rima con cuore, amore, dolore, ardore, sudore, ore... perché è parte di tutto quello che può contenere la genitorialità.
Genitorialità non è solo educare i figli ma anche educarsi ai figli. Per esempio, bisogna sapere che “Le manifestazioni della paura del buio nei più piccoli possono essere diverse. Possono comprendere fantasie e immagini ricorrenti, come ad esempio il pensiero che nel buio ci sia un mostro. Nel bambino si possono presentare inoltre segnali fisici, come il mal di pancia o la sudorazione, ma anche modi di comportarsi insoliti, come ad esempio richieste continue di vicinanza e rassicurazione e momenti di pianto o rabbia. Tutte queste fasi, per quanto possano preoccupare i genitori, sono normali e fanno parte dello sviluppo del bambino, della sua maturazione e dell’acquisizione di sempre maggior autonomia” (un team di esperti).
La genitorialità, fatta di paternità e maternità, è come un fiume, in cui non si distingue tra alveo e corso d’acqua, ma è un flusso che, da una sorgente, tra periodi di piena e di secca, tra anse e ciottoli, va a sfociare nel mare che è la vita del figlio che, prima o poi, se ne va di casa come è naturale che sia.
“Un figlio è di entrambi i genitori e per quanto sia fuori discussione l’importanza fondamentale della mamma, è chiaro anche che il padre non è solo colui che provvede economicamente al sostegno della famiglia, ma una figura fondamentale nella crescita del bambino. Mammo è un modo errato di etichettare un uomo che svolge il suo normale ruolo di padre e dopo anni di proteste e lotte per ottenere la parità di genere, è qualcosa che ci fa tornare indietro di secoli” (dal sito SuperPapà). Genitorialità: non tanto mamma e papà quanto mamma con papà.
Lessicalmente in “materno” e “paterno” cambia solo l’iniziale ed entrambi, foneticamente, evocano “terno” e “quaderno”: perché il padre e la madre formano un terno con il figlio e si iscrivono nello stesso quaderno della genitorialità. La genitorialità ha un profilo paterno e uno materno e si costituisce e costruisce nel tempo nella relazione, possibilmente, tra i due profili e con e per il figlio.
Nell’esercizio della genitorialità occorre anche una misura, come mette in guardia lo psicoanalista Massimo Recalcati: “I padri non devono essere troppo vicini ai figli, non devono fare i figli. Le madri non devono essere madri narcisistiche, madri coccodrillo, madri chioccia” (nella lectio magistralis del 15-02-2020 a Matera). La misura è sempre l’interesse superiore del fanciullo (art. 18 par. 1, riferito ai genitori, Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), il “best interest”. È inevitabile che i genitori siano egoisti ma, almeno, cerchino di non essere egocentrati sino a cadere in forme di cosiddetto amore incestuoso in termini psicologici (si ricordi la terribile vicenda di Blanche Monnier, segregata in casa dalla madre e dal fratello per 25 anni per allontanarla dall’uomo amato).
Padre e madre sono parole che differiscono solo per l’iniziale e così dovrebbe essere nella realtà, cioè padre e madre dovrebbero rivelare almeno un elemento differente nell’esercizio della genitorialità, per esempio nell’approccio al figlio.
La genitorialità dovrebbe essere espressione di potenzialità (quelle dei genitori e quelle dei figli), socialità, valorialità, specificità, responsabilità, finalità (la vita). È quanto espresso negli artt. 147 e 315 bis cod. civ. ed è quanto precisa il pedagogista Novara: “La consapevolezza che le capacità dei bambini non sono quelle degli adulti, ma vanno modulate adeguatamente secondo le fasi della vita, permette dunque ai genitori di accettare, di organizzarsi e di aspettare che il bambino raggiunga la capacità che gli compete. Con un atteggiamento sempre costruttivo e pratico, facendo vedere come si fa e progressivamente dando l’autonomia necessaria. Così si cresce, bambini e genitori, assieme”. I genitori devono tener conto dell’età e del grado di maturità dei figli, della loro vita privata, delle loro potenzialità (tutte locuzioni usate nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, artt. 12 e ss.) e modulare la genitorialità di conseguenza. Genitorialità (e famiglia in generale) è esprimere e realizzare il “noi” nel rispetto del proprio io e di quello altrui. Si realizza, si vive e si costruisce in due in relazione con il figlio e con gli altri figli, se vi sono.
La genitorialità non è solo procreazione ma progetto e processo, fatto di progressività, prospettive e problemi, per cui essa non deve seguire né mode né modelli né modus vivendi ma essere piuttosto un modus operandi.
Tra le varie competenze richieste oggi ai genitori è necessario anche che maturino una sana genitorialità digitale. Il pediatra Giuseppe Di Mauro consiglia: “L’avvicinamento di bambini e ragazzi alle nuove tecnologie è inevitabile e non può e non deve essere ostacolato. Deve piuttosto essere limitato e guidato verso un uso consapevole e attraverso programmi di alta qualità, compito che spetta in primo luogo ai genitori e agli altri adulti di riferimento, come gli insegnanti”. A proposito di “media education” lo psichiatra francese Sergei Tisseron parla delle “3 A”: autoregolazione, alternanza, accompagnamento: autoregolazione significa stabilire limiti e accompagnare i bambini ad acquisire, con gradualità, la capacità di darsi regole e di autocontrollarsi; l’alternanza rimanda all’equilibrio e alla necessità che, nell’infanzia, l’uso del digitale conviva con altre opportunità di esperienza, ricerca e sperimentazione; accompagnamento significa “mai soli!”.
Facendo un gioco di parole, dal vocabolo “genitorialità” si ricava “genialità” e “agilità”, tra le qualità richieste ai genitori nel divenire della quotidianità.
La genitorialità è dialogo, diaframma, diapason di vita, è futurabilità, è dare futuro, creare futuro.
Genitorialità: sorgente e sergente di vita.
“Avere un figlio è avere un sasso nel petto” (cit.). Genitorialità: la forma summa di amore e dolore.