Matera, Madonna della Bruna, maternità celeste che si coniuga con quella terrena, mani tra cui quelle che lavorano la cartapesta, masse, materialità e materialismo, munificenza di emozioni e di colori, miti...
Fresca serata estiva che fa venire in mente il ponentino che soffia tra i resti dell’antica Roma, come per esempio in una pizzeria all’aperto nei presi della Piramide Cestia. Ai piedi del massiccio rupestre della chiesetta di S. Maria de Idris, scoglio che ricorda il mare che fu, presentazione di una mostra pittorica e fotografica su Matera e il suo territorio. Pittura e fotografia, tra le arti che rappresentano di più questa piccola città eterna. Il critico d’arte Enzo Varricchio che spende parole altisonanti per l’evento e al di là del momento. Su tutto predomina la cosiddetta “Superluna del Cervo” che all’orizzonte, con il suo giallo ambra, spunta da una scanalatura della Murgia e sembra un pulcino che esce dal guscio schiuso e man mano cresce nel cielo di cobalto, malinconia e indifferente ai numerosi scatti degli astanti. Matera è miracolo, proprio nel senso di mirabile, di cosa da mirare. Non è un’oleografia ma certamente è una litografia nell’anima di ogni poeta, di ogni artista, di ogni sognatore.
Centralissima strada di passeggio e passaggio di gruppi di turisti. Un uomo, visibilmente ultraottantenne, gobbo, magrissimo tanto che i pantaloni gli svolazzano attorno alle gambe, pantaloni tenuti stretti da una cinta fin sopra l’ombelico, scarpe non di buona fattura e più grandi dei piedi, va a fare la grama spesa quotidiana piuttosto lestamente e torna indietro da dove si è avviato. Sembra una farfalla alla fine del suo volo. Un’immagine autentica della vita che arranca, che si arrampica in mezzo a un mondo sempre più artefatto, patinato, giovanilistico, giullare. Mare lontano ma all’orizzonte dei pensieri. Matera i cui Sassi al tramonto richiamano Marte, il pianeta rosso. Macaoni in volo. Mici e micetti, tra cui uno nero vellutato tra vasi di piante sui gradini di una casa a piano terra. Musica in strada, in particolare le percussioni suonate da un ragazzo dalla pelle nera. Movimenti di ogni sorta. Melanconia (che suona meglio di malinconia) come sottofondo. Mani di artigiani che danno vita alla materia morta del tufo o altro. Morta la cultura rurale e popolare di una volta. Moto sussultorio dell’anima. Mappa interiore come le viscere della terra. Musa ispiratrice la vita stessa. Magnificenza dell’arte e della libertà di essere!
Ricordo di un’estate che fu: Metti Matera, concerto dei New Trolls alla presenza di più generazioni.
Esplosione di emozioni con “Quella carezza della sera” (con un testo attuale e denso di nostalgia).
Perché Matera è una carezza di sera, carezza delle luci, carezza del cibo, carezza degli incontri che ancora caratterizzano la vita meridionale…
Altra serata estiva dall’arietta gradevole. “Notte bianca del libro e delle idee”: pochi presenti, passi intensi letti, parole e pensieri di ogni sorta, prevalenza del binomio “cultura e cura”, pessimismo palesato ... Non è uno specchio del Sud?
Musei, “case delle Muse”, mostre tra vasi e vasetti di argilla e bracciali e braccialetti a “armilla”; moltitudini di turisti (di un effimero turismo di massa), tra cui uno straniero che porta al guinzaglio un pappagallino da cui si fa beccare il labbro; meravigliose famiglie con 2 o 3 figli al seguito, numero sempre più raro; mélange di colori nella tela del cielo al tramonto sotto cui si baciano coppiette meravigliate come se stessero in una Venezia su un mare preistorico; manufatti di ogni tipo su bancarelle in vari angoli; miscellanea di emozioni; “mindfulness” allo stato puro. Vivere in una città turistica come Matera ti permette di viaggiare pur non allontanandoti dalla città. Un turista romagnolo, dopo averti chiesto un’informazione, ti mostra le foto di ritrovamenti di tombe antiche e scheletri integri nella provincia di Ravenna. Senti parlare delle sponde più o meno caratteristiche del lago di Varese. Ti si avvicina e si siede un anziano medico con un cognome tipicamente materano, in pensione e nato nel 1928 come tua nonna materna e il grande Piero Angela, che ti racconta i suoi studi universitari a Bologna, della storica via Zamboni e di un incontro con Vittorio Gassman (e mentre ascolti ti sembra di vederlo passare nelle mitiche scene del film “Il sorpasso”). In una sala affrescata di trompe-l’oeil di un palazzo signorile, un quartetto giapponese, con costumi e calzature giapponesi, esegue un concerto che riproduce suoni della natura e del cosmo con fisarmoniche e con lo shō, strumento giapponese parente di quello cinese. E tanto altro e tanti altri e così vaghi emozionalmente su e giù per l’Italia e avanti e indietro dall’Oriente!
Alla vista del complesso rupestre della Madonna dell’Idris all’imbrunire, una turista vibrante di emozioni fa una videochiamata per condividere quanto provato ed esclama: “Guarda che meraviglia!”. Matera (ancor di più di sera e con la luna: che dire dell’ultima luna piena d’estate?) suscita meraviglia in chi conserva la meraviglia nello sguardo di quegli occhi su cui non sono calate le cataratte dell’ovvio, del grande, dell’uguale, del mondano, del materiale…
L’estate esalta Matera, la sua bellezza, ogni bellezza, facendo provare sensazioni a fior di pelle.
Come quel refrigerio che si prova sin nell’anima nella Casa Cava, uno degli emblemi di Matera: come il cuore che è una casa cava pronta ad accogliere tutto e tutti.